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Un'area naturalistica 

Il territorio delimitato come riserva naturale orientata Oasi del Simeto è ciò che rimane di un antico e vasto ecosistema palustre che si estendeva a sud della città di Catania e che comprendeva diverse zone umide, tra le quali quella di Agnone, Valsavoia e di Pantano di Catania. Gli ambienti sopravvissuti all'antropizzazione di quest'area, ricadenti nella riserva sono: il lago Gornalunga, formato dall'omonimo affluente del Simeto; il lago Gurnazza, arginato dalle dune costiere; le Salatelle, vasti acquitrini salmastri, formati dalla capillarità della zona costiera; la nuova foce, ritagliata dopo la grande alluvione del 1951 e attraversata dal ponte Primosole; la vecchia asta fociale, a forma di falce, ora isolata ed alimentata dai canali Buttaceto ed Jungetto.
Alcuni pionieri, il più autorevole dei quali l'ing.Angelo Priolo, oggi decano degli ornitologi ltaliani, cominciarono nei primi anni quaranta ad osservare e registrare dati sulle presenze faunistiche nell'area. I dati raccolti, anche negli anni seguenti, evidenziarono la ricchezza del patrimonio faunistico, ma anche il lento declinare della varietà delle specie presenti. Nei primi anni '70 cominciò a diffonedersi la consapevolezza della necessità di salvare l'area dall'aggressione dell'abusivismo edilizio e di proteggere la fauna e la flora. Scesero in campo diverse associazioni ambientalistiche ed anche i sindacati. Questo movimento, che vedeva in prima linea la signora Wendy Hennessy Mazza della Lipu, ottenne nel 1975 la costituzione di un'oasi di protezione faunistica con un decreto dell'assessore dell'Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana. Negli anni successivi continuarono le battaglie dei protezionisti (Cgil, Cisl ed Uil inserirono nel Progetto Catania l'obiettivo di un concorso internazionale d'idee per realizzare il parco territoriale dell'Oasi del Simeto, previsto dal PRG, concorso poi espletato, ma senza alcun esito pratico) anche per ottenere la demolizione delle costruzioni abusive. Solo nel 1984 viene istituita la Riserva Naturale Orientata dell'Oasi del Simeto e nel 1989 arriva la demolizione di 54 abitazioni abusive.
Oggi la tendenza edificatoria, dopo gli interventi repressivi e l'attività informativa ed educativa, sembra essersi arrestata, anche se continua una certa pressione antropica, soprattutto in riferimento all'uso incontrollato della zona costiera sabbiosa. Per invertire decisamente la tendenza occorrerebbe una disciplina rigorosa a tutela delle zone naturali più fragili.
 

La vegetazione 

Il Simeto, il maggiore dei fiumi siciliani per bacino e portata, ha creato l'ecosistema su cui insiste la Riserva. Esso ha origine nella Serra del Re, uno dei rilievi più elevati della catena montuosa dei Nebrodi. Lungo il suo percorso, all'interno della riserva, è costeggiato da piante tipiche dei terreni melmosi: Canne di palude, Giunchi da stuoia, Lische a foglie strette. Oltre questa fascia melmosa si estende un'area pianeggiante, soggetta a inondazioni invernali e disseccamenti estivi, la cui vegetazione è composta da Tamerici, Giunchi pungenti, acuti e meridionali, Salici comuni e pedicellati. Una terza fascia, formata da un terreno più impermeabile, argilloso e coperto di salsedine, è costituita da una vegetazione di piccoli arbusti a foglia succulenta, come la Salicornia fruticosa, la Suaeda marittima, l'Atriplice portulacoide e il Limonio comune. Il litorale sabbioso ai lati della foce del fiume presenta una vegetazione ancora più ricca: Violaciocca selvatica, Salsola, Santolina, Poligono marittimo e Ravastrello marittimo, lungo la battigia; Gramigna delle spiagge, Sparto pungente, Mirto, Fiordaliso delle spiagge, Giglio delle spiagge, macchie di Lentisco e Olivastro, nell'interno e lungo le dune sabbiose. Le zone lontane dal fiume costituivano, un tempo, una fitta macchia sempreverde. Oggi, a seguito alle successive opere di bonifica, sono state occupate da coltivazioni.  

La fauna 

Numerosi sono gli uccelli che, durante la migrazione, sostano alla foce. Airone cenerino, airone bianco, airone rosso, pittima, pittima reale, mignattaio, chiurlo, ischione, avocetta, volpoca, piviere dorato, beccaccia di mare, garzetta, sgarza ciuffetto, nitticora, spatola, combattente e cavaliere d'Italia sono le specie più rappresentative.Altrettanto numerosi sono gli uccelli stanziali. Nelle zone palustri sono molto comuni la gallinella d'acqua e la folaga; più rari il tuffetto, il tarabusino, la moretta tabaccata e il porciglione. Tra la vegetazione riparia nidificano la calandrella, l'usignolo di fiume, il beccamoschino, la cannaiola, il pendolino, il fratino e il fanello. Nelle zone aperte e nei pascoli sono presenti la calandra, la cappellaccia, l'occhiocotto e lo strillozzo.Nelle zone alberate troviamo capinere, cinciallegre, rampichini, ghiandaie e verdoni.Le aree marginali o coltivate ospitano cardellino, verzellino, passera mattugia, fringuello, saltimpalo e quelle più degradate, la gazza. Nei cespugli si trova il merlo, mentre nelle aree rurali e nei fabbricati nidifica il rondone.Gli unici rapaci, nidificanti nella riserva sono il gheppio e il barbagianni, che si nutrono di piccoli roditori e rettili.Oltre che dagli uccelli, il patrimonio faunistico della riserva è rappresentato da: tartarughe d'acqua dolce (emys orbicularis),natrici, serpenti di grosse dimensioni (che si nutrono di pesci), insetti anche rari, volpi, donnole, lepri e conigli selvatici. 

L'Ambra del Simeto 

Presso la foce del Simeto, sostando lungo la battigia, soprattutto dopo una forte mareggiata, è ancora possibile raccogliere l'ambra, una resina fossile conosciuta già in epoca preistorica.Ritenuta per molto tempo esclusiva del Simeto, l'ambra, electron in greco, fu chiamata simetite. Ancora oggi è molto ricercata in gioielleria ed è considerata tra le più pregiate del mondo. A Catania, dove esiste la più ricca collezione di ambra del Simeto, di proprietà di una nota famiglia di gioiellieri, la polvere di ambra veniva usata dai mastri liutai per lucidare gli strumenti di particolare pregio.E' interessante descrivere gli antichi metodi di raccolta, che sopravvivono ancora ai nostri giorni: i raccoglitori di telline utilizzano lungo la costa un rastrello che trattiene, oltre alle telline, anche l'eventuale ambra presente; i cercatori più specializzati, invece, inseguono l'onda che si ritira dalla battigia, scrutando i depositi appena lasciati, tra i quali può apparire la preziosa ambra, messa in evidenza dai raggi solari.