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Nei primi secoli del cristianesimo, nel luogo dell’attuale chiesa, sorse una piccola edicola dedicata alla Madonna dell’Elemosina, da qui l’origine dell’antico nome della chiesa. Il tempio, che nei secoli divenne sempre più importante, fu frequentato dai re aragonesi e dalla loro corte per questo (nel 1396) ebbe il titolo di "Regia cappella". Con bolla del 31 marzo 1446, Papa Eugenio IV vi istituì un collegio di canonici, scegliendoli tra i sacerdoti delle altre chiese della città; di qui il titolo di Collegiata.

La chiesa ricostruita

Dopo il terremoto del 1693 venne ricostruita nello stesso luogo dell’antica chiesa ma rovesciata, con la facciata disposta lungo la via Etnea (un tempo Uzeda). Questa nuova collocazione consentiva alla chiesa di affacciarsi sulla via più larga e importante della Catania risorta dalle distruzioni. L’edificazione della chiesa settecentesca si deve all’architetto Antonio Amato su progetto del gesuita Angelo Italia. La facciata, opera straordinaria di Stefano Ittar (1758), è mossa da tutta una serie di concavità e convessità che conferiscono all’insieme musicalità ed armonia. Essa poggia su un podio sopraelevato preceduto da una larga gradinata; il portone centrale e gli ingressi laterali sono incorniciati da sei colonne con eleganti capitelli corinzi. L’arco del nicchione centrale è sormontato da un’aquila con le ali spiegate; ai lati sono due angeli che reggono una tromba. Nelle altre nicchie sono le sculture con S. Pietro e S. Paolo. L’interno è a tre navate riccamente decorate; addossati ai pilastri sono alcuni medaglioni con gli attributi della Vergine Maria. All’interno della chiesa sono custodire grandi tele che raffigurano S. Euplio e S. Apollonia (del Sozzi) e un Martirio di S. Agata del Gramignani (1779). In fondo alla navata destra è la cappella dell’Immacolata con una bella statua della Madonna. Nel Presbiterio è un coro ligneo formato da 36 stalli e, ai lati del coro, sono due opere di Giuseppe Sciuti: una rappresenta l’antica edicola della Madonna, l’altra rievoca la consegna della bolla da parte del Papa Eugenio IV al beato Pietro Geremia. Anche gli affreschi della volta sono opera dello Sciuti che portò a termine i lavori nel 1898.

Giuseppe Sciuti, la pittura come teatro

Lo Sciuti fu famoso soprattutto come pittore di sipari e suoi sono quelli del Teatro Bellini di Catania e del Massimo di Palermo. Aveva studiato a Catania presso lo scenografo De Stefani ed ebbe la capacità di orchestrare, con sapienza, le scene storiche di ambientazione greco-romana che costituirono il motivo di base della retorica dell’Italia postunitaria. Fu essenzialmente un decoratore teatrale, nel senso più stretto del termine, anche oltre la specifica attività di pittore di sipari; il modo in cui dispone le masse nelle sue grandi composizioni, l’uso scenografico delle architetture usate come quinte, i panorami messi a fuoco con nitida precisione, tutto chiarisce come la pittura dello Sciuti sia, contemporaneamente, riferita a quella forma di spettacolo tanto amata nell’Ottocento, il melodramma. Le sue ambientazioni classiche ricordano quelle dei primi kolossal cinematografici e anche i trucchi e gli espedienti della sua arte pittorica sembrano ispirati agli effetti speciali del cinema.